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APRIAMO GLI OCCHI! - di Paola Freccero, Presidente provinciale di CNA Savona

 Lettera aperta inviata a Parlamentari locali, Sindaci e Presidente della Provincia e della Camera di commercio Riviere di Liguria

 

foto Paola Freccero copia

Diciamolo senza mezze misure: le vere task forces sono quelle messe in atto dalle imprese e da molte associazioni che cercano di andare oltre la disperazione e il disorientamento generale predisponendo documenti, linee guida e indicazioni per permettere alle aziende di adeguarsi alle disposizioni anti contagio ovvero di attrezzarsi in qualche modo in previsione di una prossima apertura.


CNA ha prodotto con ritmi febbrili tutta una serie di Codici di autoregolamentazioni suddivisi per settore e a disposizione delle aziende per cercare di indicare la strada corretta alle proprie imprese in un contesto di assordante silenzio.
Nonostante gli sforzi, numerose aziende che operano all'interno del comparto del turismo oggi ritengono sia praticamente inutile anzi forse dannoso aprire la propria attività in mancanza di regole certe di cui devono farsi portatori i decisori politici ai vari livelli.
Si pensi ai ristoranti, ai bar, agli stabilimenti balneari e alla stessa ricezione di una Regione come la Liguria che vive in estate grazie all'afflusso di migliaia di turisti che si riversano sul nostro litorale e all'interno delle strutture che da sempre li ospitano.
Si pensi ancora alla scarsa attrattiva che una situazione fatta di incertezze, di regole solo abbozzate, probabilmente di limitazioni e divieti, di lunghe attese potrà esercitare nei loro confronti tenendo presente che la Liguria è una terra lunga ma stretta ove gli spazi di ricezione sono lasciati normalmente all'inventiva di tutti gli operatori locali.
Teniamo presente il fatto che molte botteghe artigiane vivono di questo indotto, lavorando non solo per i privati ma anche per altre aziende di somministrazione che saranno probabilmente fortemente limitate nella loro capacità di accoglienza e, temiamo, anche nel loro numero.
Teniamo presente che molte botteghe che si trovano all'interno dei budelli e dei centri storici dei nostri Paesi sono molto piccole e in grave difficoltà nel mettere in atto tutte quelle misure di contenimento e di distanziamento sociale previste e che le stesse vie all'interno delle quali operano queste attività sono molto strette (i cd. “caruggi o carrugi”).

Quando tornerà il momento di pagare tasse, imposte e contributi (anche arretrati), pagheremo come gli altri? Servirà a questo la “poderosa” iniezione di liquidità messa in campo dal Governo?
E ancora, quanti stabilimenti balneari specialmente quelli con un limitato spazio di estensione fronte mare potranno davvero lavorare se il distanziamento tra gli ombrelli verrà stabilito in 5 o forse 10 metri? E peggio ancora per quale motivo, dopo mesi di consultazioni tra esperti e virologi vari queste basilari informazioni non sono state ancora ufficialmente diffuse tenuto conto che trovarsi in riva o in prossimità del mare con un'apprezzabile ventilazione e ricambio d'aria non è propriamente la stessa cosa rispetto alle condizioni stagnanti e alla subsidenza della Pianura Padana?
Chi deve decidere? Un Governo che ha accentrato tutti i poteri su di sé ma che stenta a dare risposte o le autonomie locali?
Se le regole sono certe e vengono fornite in anticipo rispettando la necessità di sopravvivenza, viene data la possibilità agli operatori di decidere in base alle prospettive, di trovare delle soluzioni e dei compromessi accettabili, di lasciare agli stessi il tempo e il modo di operare magari in sinergia per contenere le spese di attrezzature, personale, prodotti e strumenti di igienizzazione.
In mancanza di tutto questo, una Regione che presenta le nostre peculiarità ha il baratro davanti a sé e si presenterà come un territorio blindato e inospitale.

Chi ci salverà?