Nel ricordare quanto stabilito dal Protocollo condiviso (v. nostro precedente articolo sul Protocollo condiviso), aggiungiamo quanto segue che riguarda nello specifico il lavoro nei cantieri.
Nelle FAQ del Governo, laddove si fa riferimento a chi opera in cantiere, si stabilisce che: «nell’ipotesi in cui un lavoratore impiegato in un cantiere, rientrato nel luogo di propria residenza/domicilio per la fruizione di un periodo di congedo o riposo, decida di non tornare presso la sede di cantiere senza che sussista alcun impedimento di carattere sanitario, debitamente certificato, tale decisione dovrà considerarsi quale autonoma scelta del lavoratore che, seppur dettata da comprensibile preoccupazione per il pericolo di contagio, sarà valutata dall’impresa appaltatrice alla luce delle disposizioni contrattuali».
Per quanto attiene ad altri tipi di imprese non si fa cenno a situazioni del genere. È evidente che installatori e manutentori non possono essere assimilabili tout court alla predetta fattispecie. Tuttavia, da quanto ivi stabilito, non può non ricavarsene qualche informazione utile.
Peraltro, occorre considerare che:
- lo svolgimento di lavori urgenti di riparazione nella casa in cui si dimora, non rientrano tra le attività assoggettate a sospensione ai sensi del DPCM dell’11 marzo 2020. Sicché, attività come quelle edili e artigianali e le relative prestazioni lavorative possono essere svolte qualora siano da considerarsi indispensabili e non prorogabili;
- il commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico, può proseguire la propria attività;
- il datore di lavoro è tenuto ad applicare i necessari protocolli di sicurezza volti ad impedire la diffusione del contagio da Covid-19 tra i lavoratori. La garanzia della distanza di sicurezza interpersonale di un metro e la messa a disposizione di specifici dispositivi di protezione individuale sono aspetti fondamentali;
- qualora non sia possibile svolgere la prestazione in modalità agile, il datore di lavoro privato può, anche a prescindere da qualsiasi preventiva programmazione, disporre che i propri dipendenti usufruiscano delle ferie pregresse fino al 25 marzo. Salvo eventuali attività indifferibili da rendere in presenza, il datore di lavoro privato può, infatti, programmare l’utilizzo delle ferie riferite all’anno precedente entro il termine di godimento o di utilizzo stabilito dalla contrattazione collettiva. Peraltro, per i lavoratori del settore privato, il datore di lavoro potrà valutare la possibilità di riconoscere a tali lavoratori forme di flessibilità oraria o di modifica transitoria dell’articolazione dell’orario di lavoro limitatamente al periodo di durata dell’emergenza ovvero il ricorso ad altri strumenti di flessibilità comunemente previsti dalla contrattazione collettiva (ad. esempio banca ore) ovvero la concessione di permessi straordinari.
Tutto ciò considerato e benché perduri una oggettiva situazione emergenziale, è indubbio che resta in capo al lavoratore dipendente il dovere di comportarsi – per quanto possibile – in ottemperanza a quelli che sono gli obblighi contrattuali e di legge.