Sino al 1991, si poteva applicare una norma che prevedeva che i contributi per gli importi erogati ai lavoratori in trasferta fossero pagati al 50%; nel tempo l’INPS aveva aperto diversi contenziosi con le imprese pretendendo il pagamento dei contributi al 100%. Con la L.166/91, è stato confermato che la trasferta, anche se erogata in modo continuativo, è assoggettata a contributi per il 50% dell’importo erogato.
Tale disposizione fu ulteriormente chiarita con la L. 63/93 che rese retroattivi gli effetti della L. 166/91 ponendo così fine al contenzioso con L’INPS.
In seguito è intervenuto il D.lgs 314/97 che ha modificato il Testo Unico delle Imposte Dirette prevedendo l’esenzione dei contributi per le trasferte sino ad un importo di 46,48 € e l’imposizione al 50% dei contributi per la trasferta dei “lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi” con la prospettiva di un decreto, peraltro mai emanato, dei Ministeri del Lavoro e delle Finanze all’interno del quale individuare le categorie dei lavoratori ai quali si sarebbe dovuto applicare quanto disposto.
Successivamente, numerosi pronunciamenti, tra interpelli, circolari, note e messaggi di INPS, Agenzia delle Entrate, Ministero del Lavoro e delle Finanze (ora Economia) invitavano le imprese ad attenersi a quanto previsto dalla legge.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, è arrivata la Corte di Cassazione (Sezione Lavoro) che con una serie di sentenze, l’ultima quella del 12 settembre scorso n. 17095, ha pensato bene di ribaltare completamente la situazione ricomprendendo i lavoratori che operano in trasferta tra chi percepisce “indennità e maggiorazioni contributive” e non solamente delle indennità dando così modo all’INPS di riaprire il contenzioso contestando alle imprese comportamenti in linea con il suo stesso Messaggio del 15 dicembre 2008.
L’approvazione dell’emendamento al Decreto Fiscale sembrava già risolvere in modo chiaro e, speriamo, definitivo tutte le incertezze applicative in tema di trasferta sanando il pregresso e rendendo così vani i tentativi degli istituti previdenziali di comminare alle imprese pesanti sanzioni economiche.
Oggi con sentenza n. 27093/17 delle Sezioni Unite della Cassazione dove è stata definitivamente chiarita la natura interpretativa rispetto al tema della trasferta, confermando che le somme erogate a tale titolo non sono soggette a imposizione contributiva e fiscale. Il tutto, soprattutto, a valere anche per i periodi antecedenti l’entrata in vigore dell’articolo 7 quinques della legge 1° dicembre 2016 n. 225.
Con questa sentenza, che accoglie le interpretazioni più volte avanzate in merito da parte di CNA Installazione Impianti e delle altre associazioni imprenditoriali del settore impiantistico ed edile, viene messa una pietra tombale sulle preoccupazioni delle aziende in merito al possibile rischio che il provvedimento potesse avere validità solo per il futuro, esponendo le imprese stesse ad azioni di rivalse contributive azionabili dall’Inps.
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