I prezzi dei sacchetti di frutta e verdura varieranno da un minimo di 2 fino ad un massimo di 10 centesimi. I sacchetti, rigorosamente biodegradabili, non potranno essere riutilizzati una seconda volta. Il divieto è imposto per motivi igienici, anche se i critici del provvedimento sostengono che sia una scelta dettata più dai ricavi per lo Stato che per motivi di sicurezza alimentare e ambientale.
Non è un mistero che parte del ricavo generato dalla vendita dei sacchetti a pagamento sarà poi girato alle casse dello Stato dagli esercenti sotto forma di Iva e imposta sul reddito. D’altronde, 2 centesimi non fanno rumore, anche se alla lunga quei centesimi per ciascuna busta potrebbe avere una ripercussione economica importante sul portafoglio di ciascuno.
Abbiamo criticato non solo il provvedimento ma come è stato approvato in Parlamento, praticamente dalla notte del 2 agosto alla mattina del 3, senza discussione di merito e con la conversione in legge, nel cosiddetto D.L. 91/2017 "Decreto crescita mezzogiorno", che non ha alcuna attinenza su disposizione riguardanti l’ambiente.
La nota dolente per i consumatori è rappresentata dal fatto che tutti i sacchetti leggeri e ultraleggeri dovranno essere ceduti esclusivamente a pagamento, come avviene adesso per gli shopper monouso da spesa in vendita alle casse dei negozi e supermercati mentre sarebbe stato più opportuno che fosse a discrezione dell’esercente. Si tratta cosi di un nuovo balzello che grava sui consumatori e complicherà la vita alle imprese del settore, che nello scontrino fiscale devono far riportare la cessione del biodegradabile e indicarlo separatamente nel registro corrispettivi.
Se da un lato è necessario alzare il livello d’impegno per aumentare la consapevolezza dei cittadini sugli impatti che le borse di plastica hanno sull’ambiente dall’altro, non si può scaricare sempre i costi sui consumatori e sulle imprese della distribuzione: più corretto sarebbe stata una previsione legislativa capace di introdurre comportamenti virtuosi già nella fase produttiva. Ci sono attualmente in circolazione milioni di bottiglie di plastica difficili da smaltire, a tutti i livelli dalle acque alle bibite, senza che nessuno faccia o dica qualcosa e poi si cerca di intervenire sui micro sacchetti, è un po’ una contraddizione di sistema.
La CNA intende comunque far modificare il provvedimento già dalla prossima legislatura.
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